Un poeta ambulante, una figura ormai scomparsa, il cantastorie era un intrattenitore che girava per le strade dei villaggi recitando o cantando composizioni poetiche popolari, accompagnandosi con la chitarra, l’organetto o un altro strumento musicale. 

Associazione Culturale Cantastorie Busacca - La storia dei Cantastorie

Il cantastorie può essere definito l’erede del giullare medievale, che a sua volta può essere considerato il progenitore di tutta la famiglia degli “artisti di strada” ‒ giocolieri, saltimbanchi, acrobati ‒ esperti nell’arte di divertire il pubblico con il canto, la musica, la danza, la recitazione.

I cantastorie videro la loro massima fioritura in Sicilia nel XIV secolo. Il loro repertorio comprendeva vicende d’amanti, satire contro i villani, canti lirici alternati a canti epici.

Dopo l'avvento della stampa i Cantastorie acquisirono sempre più un ruolo che si avvicina, in un certo senso, al mondo giornalistico, diffondendo fatti e notizie, stampando su foglietti volanti venduti al pubblico, le storie che rappresentavano.

Dopo la prima guerra mondiale tra il popolo si manifestò una necessità di nuovi argomenti. Le nuove composizioni si scagliarono contro la moda, contro il lusso, contro le tasse, contro il proprietario sfruttatore, contro il politico prepotente. I temi affrontati rispecchiano i gusti di un pubblico che ancora non aveva imparato a leggere e scrivere, ma che aveva imparato a subire da generazioni i soprusi delle classi nobiliari che amministravano la giustizia. Generalmente le storie raccontavano della sofferenza patita dal popolo siciliano durante travagliate vicissitudini politiche che spessi si intrecciavano con i drammi personali dei protagonisti, e in alcuni casi ne erano la causa. I temi sociali, i rapporti interpersonali, la dura condizione di vita del popolo sono stati i temi affrontati dai cantastorie fino agli anni ’60. 

A metà degli anni Cinquanta, sostengono gli esperti, la figura del cantastorie soccombe sotto il peso dell’avvento della televisione e dei suoi notiziari che portano il mondo in casa. Con l’espandersi della cultura del progresso, il pubblico delle piazza si assottiglia e i cantastorie a partire dagli anni Settanta devono trovare nei teatri e nei circoli culturali nuovi spazi di spettacolo. Ma alla fine degli anni settanta, la forza dei nuovi mezzi di comunicazione, l’impossibilità per i cantastorie di rappresentare in piazze disturbate dai rumori delle automobili e la crisi della cultura popolare posero fine a questa esperienza.

Paternò, città intrinseca di magiche suggestioni, è considerata la culla della grande Scuola dei Cantastorie, quella da cui nacquero famosi personaggi, in primis Gaetano Grasso, cantastorie capofila della scuola di Paternò. Una serie di celebri artisti, cantori e poeti di questo genere culturale, si sono susseguiti.

Associazione Culturale Cantastorie Busacca - I Cantastorie di Paternò

I principali, Ciccio Busacca, Ciccio Paparo detto Rinzinu, Vito Santangelo, Nino Busacca, Paolo Garofalo, ci hanno trasmesso una vastissima produzione di storie.

Vicende di amori infelici, miracoli, fatti di cronaca nera, storie cavalleresche e leggendarie, opere di fantasia o eventi realmente accaduti, venivano narrati in un avvicendamento tra cantato e recitato.

L’ossatura metrica dei poemetti narrativi siciliani è fondamentalmente costituita da sestine e quartine di endecasillabi a rima baciata.

Pubblico del cantastorie era la gente semplice, composto per la maggior parte da contadini, artigiani e proletari, per la quale onore, giustizia, religione, famiglia non erano semplici parole, ma chiavi di vita.

Quello del cantastorie non è soltanto un mestiere, ma una forma per porgere un pratico insegnamento umano. In ossequio a questa poetica la “storia” si conclude di regola con una “muralità”, ovvero una sentenza morale. Niente di metafisico naturalmente, ma una morale comune, spicciola e schietta. Questa era la forza dei cantastorie: saper penetrare nella cultura popolare, saper cogliere ed esprimere pensieri, comportamenti, valori della gente comune cui si rivolgeva.

In queste cornice, ebbe un ruolo di considerevole importanza il poeta Ignazio Buttitta che compose diversi testi interpretati dai più grandi cantastorie paternesi, in primo luogo da Cicciu Busacca.

Associazione Culturale Cantastorie Busacca - Ciccio BusaccaBusacca fu il trait-d ‘union fra la scuola di Paternò ed il “mondo esterno”, divenendo l'emblema dei moderni cantori novecenteschi che si rifacevano ad una tradizione millenaria.

I cantastorie, come anticipato, svolgevano una funzione sociale importantissima e possono essere definiti i cronisti del loro tempo: narravano dei problemi della gente comune, dalle ingiustizie all’emigrazione, dai pregiudizi allo sfruttamento del lavoro. Armati solo di chitarra e cartellone, affrontavano vite dure, lontani da casa, sottoposti alle incertezze della vita dello spettacolo e all’imprevedibile accoglienza del pubblico, spinti dall’amore per la poesia popolare, per la trasmissione del sapere e dell’identità condivisa.

Se lo spettacolo del cantastorie inizia con l'innalzare il cartellone, esso ha termine con la vendita di libretti e foglietti e di dischi.

Sul cartellone veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene.

I cantastorie erano consapevoli del loro fascino e lo sapevano sfruttare a dovere, infatti, sul più bello, interrompevano il racconto e facevano passare tra la gente i loro figli o fratelli con i foglietti o i libretti, e, in un secondo tempo, tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni’60, con dischi o audiocassette delle storie presentate.

I libretti avevano un formato di quattro, otto o anche sedici pagine ed erano rivestiti di carta leggera vivacemente colorata. La prima pagina era solitamente una riproduzione del cartellone della storia, mentre nell’ultima pagina si trovava spesso un elenco delle composizioni dell’autore. Quando nel testo si faceva riferimento diretto al cartellone, questo era stampato in scenette staccate nel corpo del libretto, a mò di illustrazioni. I foglietti servivano quasi esclusivamente per le “barzilletti”, cioè per i componimenti scherzosi, ed erano dello stesso formato dei libretti, ma non avevano illustrazioni ed erano quasi sempre stampati su ambedue le facce.

L’avvento della vendita dei dischi portò i cantastorie ad avere un incasso superiore a quello che si poteva ottenere con i libretti, visto che il libretto costava cento lire e il disco cinquecento.

Nel frattempo il pubblico era cresciuto, perché i cantastorie siciliani erano molto richiesti anche al Nord e l’automobile consente una maggiore velocità di spostamento, e, quindi, un maggior numero di spettacoli.

Oltre agli introiti degli spettacoli in piazza, vi erano poi altre fonti di guadagno: i dischi circolavano sulle bancarelle e nei negozi; il cantastorie partecipava a spettacoli teatrali, festival politici e perfino a feste religiose popolari.

Ciccio Busacca era ormai un divo per il mondo della cultura popolare nazionale ed internazionale.

Francesco Paparo, detto Ciccio Rinzinu dal canto suo costruì una potente rete di distribuzione dei suoi dischi. Naturalmente tutto questo valeva per i cantastorie più importanti.

I piccoli, nel frattempo, continuavano a vivere ai margini del mestiere.

I Cantastorie

Cinque parabole sui Cantastorie paternesi

Un documentario di 54 min. suddiviso in 5 blocchi (puntate) che contestualizzano, attraverso immagini di repertorio, ricerche, film e video inediti, le storie e i racconti dei principali cantastorie di Paternò all'interno del proprio spaccato storico. Immagini raccolte, mollica dopo mollica, e montate insieme in una narrazione non lineare. Un lavoro per metà politico e per metà biografico, un viaggio in Sicilia attraverso le vicissitudini di questi artisti, le loro storie e la loro poesia.


Credits Andrea Coppola (2014) disponibili direttamente sul video. Questo è uno dei contributi dei ricercatori della Casa Museo Cantastorie.

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